Esordisce
su Tempi Supplementari della Primo
Carnera Editore nel 1986 e ben presto il suo personaggio Ramarro (lucertolone antropomorfo, primo supereroe masochista)
viene trasferito sulla rivista ammiraglia dell’editore, la gloriosa Frigidaire.
Ha
collaborato con le realtà più varie, italiane ed estere, e tramite lo Studio
Inventario fornisce un service per
l’editoria scolastica e le agenzie pubblicitarie. Tra le altre cose, è il
disegnatore degli albi speciali di Diabolik
e della sua recente versione modernizzata DK.
È uscito da poco Escobar,
con cui Mondadori ha inaugurato la sua nuova linea Oscar Ink: cosa puoi dirci
della genesi di questo lavoro?
Si
tratta di un vecchio progetto… Circa dieci anni fa, Guido Piccoli, mio amico
dagli anni Ottanta, mi propose l’idea di adattare a fumetti gli eventi finali
della vita di Escobar, personaggio su cui aveva già scritto due saggi. Facemmo
qualche pagina di sceneggiatura, io realizzai le matite di tre pagine con
l’idea che avrei messo in piedi uno staff di collaboratori, in primis Michele
Benevento alle chine. Proposto in Francia, il progetto fu bocciato e finì nel
proverbiale cassetto. Passati gli anni, pensando al film di Di Stefano, con
Benicio del Toro nella parte di Escobar, “Paradise Lost”, in procinto di uscire
in Italia (era il 2015), Guido torna a propormi l’idea… Io fatti due conti sul
tempo a mia disposizione, sapendo di avere un buon contatto in Dargaud,
l’ottima Gisèle De Haan, decido di mettermi all’opera. Ancora non sapevamo di
Narcos né tantomeno immaginavamo il successo che avrebbe riscosso. Poi sono
stati mesi matti e disperatissimi, perché fare un fumetto così non è proprio
come fare un film o una serie tv, ma neanche è proprio una passeggiatina in
riva al mare… Esce nel dicembre dello scorso anno in Francia e in aprile di
quest’anno con il doppio marchio Astorina/Mondadori e di questo sono molto
fiero perché Escobar è il primo prodotto editoriale Astorina non legato a
Diabolik e il suo mondo.
Spero che non ti offenderai se dico che pur
essendo ovviamente molto ben disegnato, l’aspetto che più colpisce della parte
grafica di Escobar sono i colori di Arianna Farricella. Sembrano
veramente acquerelli, peraltro integrati alla perfezione con i tuoi disegni:
come avete proceduto per realizzare le tavole?
Sono
molto contento che tu abbia apprezzato i colori di Arianna, ottima colorista ma
non solo, visto che è una autrice in crescita. D’altronde anche Dargaud non ha
esitato un attimo ad affidarle il compito. Ma lascia che chiarisca la tecnica:
io ho disegnato le tavole a mezzatinta, acquerellando la china nera su una
speciale carta colorata, la Magnani Annigoni, stupenda carta di puro cotone.
Poi Arianna, su una palette più o meno concordata, ha sovrapposto in digitale
tinte piatte o sfumate a colorare il mio acquerello. Il risultato, da molti
confuso per un tradizionale acquerello, è in realtà un mix analogico/digitale
che ci ha permesso di velocizzare il tutto avendo un controllo pressoché totale
delle tinte.
Nonostante tu sia ancora relativamente
giovane puoi vantare una lunga carriera, iniziata professionalmente sulle
pagine di Totem come vincitore di un concorso per autori esordienti nel
1984 (ma poco prima alcuni tuoi lavori avevano fatto capolino nella pagina
della posta di Eureka). In oltre trent’anni come è cambiato il mondo del
fumetto in Italia? Consiglieresti ancora a un giovane di tentare questa strada?
In
trent’anni è cambiato moltissimo, ma credo che non sia cambiata l’ansia di
raccontare, che trova nei fumetti la sua via più rapida e personale per
realizzarsi. Io avevo di fronte un mercato dominato dalla tradizione di genere
(Bonelli, Astorina, Lancio ecc ecc) e dalla creatività più spinta (le riviste);
ora le grandi case della tradizione di genere si aprono a nuovi esperimenti e
la creatività più spinta cerca e spesso trova in libreria il suo terreno ideale
e diventa seriale (penso alla produzione regolarissima, non saltuaria ma quasi
programmata di autori come Zerocalcare o meglio di editori come Bao). E poi in
più oggi c’è la rete… Perché non tentare?
La tua attività è veramente multiforme e
sfaccettata: Diabolik, Martin Mystére, il mercato franco-belga,
la produzione autoriale e sperimentale (dal seminale Ramarro ai più
recenti Una storia lemming o L’Elmo e la Rivolta), quella colta
se non proprio didattica (I Cruschi di Manzù, Uno si distrae al bivio)
e addirittura una capatina nel mercato dei comic book come inchiostratore. Ti
piace diversificare il più possibile il tuo lavoro o sei spinto da una forte
urgenza di sperimentare formati e generi diversi?
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