giovedì 22 giugno 2017

Intervista a Carlo Ambrosini


La manifestazione Palmanova –The Game Fortress si sta avvicinando e Carlo Ambrosini sarà uno dei suoi protagonisti. Disegnatore e autore completo di indimenticabili storie di Dylan Dog, ideatore di due personaggi innovativi per la Sergio Bonelli Editore, quali Napoleone e Jan Dix, incontriamo l'artista bresciano a ridosso della partecipazione al festival della città stellata.


Da autore storico di Dylan Dog, come giudichi il nuovo ciclo della serie?

La conduzione di Roberto Recchioni mi risulta godere della fiducia dell’autore di Dylan e il punto di vista di Tiziano Sclavi direi che non possa essere discusso. Personalmente, pur apprezzando talune innovazioni, tendo a restare legato all'idea del personaggio che mi sono fatto in tanti anni di collaborazione pur rispettando, ripeto, il lavoro del curatore che tende a renderlo più agile e spettacolarizzato.


Lo scorso anno hai annunciato che stavi lavorando su tre storie inedite di Napoleone, insieme a Paolo Bacillieri e a Giulio Camagni ai disegni. A che punto sono? Sai dirci quando potremo leggerle?

Le tre storie di Napoleone sono ancora in lavorazione ma direi che siamo prossimi a concludere. Solo allora potremo occuparci della programmazione e della sua forma editoriale.


Napoleone è un personaggio profondo e complesso e le sue surreali avventure con forti aspetti onirici e psicoanalitici suggerivano sempre degli spunti di riflessione notevoli. Secondo me si sente la mancanza di un personaggio di un tale spessore nella Bonelli, tanto che alla scorsa Lucca hai riproposto in volume tre storie da te scritte e disegnate. È questo il motivo per cui hai deciso di tornare su Napoleone con nuovi episodi?

Napoleone è un personaggio che ha riscosso apprezzamento e che, offertami l’opportunità, mi ha fatto molto piacere riprendere.


Con la miniserie Jan Dix hai portato il lettore a riflettere sul fine e lo scopo dell'arte, sulla ricerca tutta umana della bellezza attraverso l'arte. Il tutto usando il meccanismo narrativo del giallo, che rende attraente e divertente la tematica di base. Quanto è stato complicato rendere concetti artistici e filosofici in un fumetto d'avventura?

Jan Dix ha avuto una vita editoriale più breve di Napoleone, ma non meno importante per me e per il mio tipo di elaborazione del linguaggio del fumetto popolare specificamente legato alla vocazione e alla tradizione Bonelliana. Parlando d’arte (come di psicanalisi per Napoleone), l’imperativo era non annoiare senza banalizzare l’argomento, non so se ci sono riuscito, ma questo, ovvero la ricerca della misura, è il cuore del mio impegno professionale e creativo.



Sei anche autore di alcuni albi de Le Storie, la collana di avventure autoconclusive senza un personaggio fisso, dove gli autori possono presentare quei soggetti che avevano sempre tenuto nel cassetto e che non avevano mai avuto il coraggio o l’opportunità di pubblicare. Una bella occasione di libertà creativa. È stato così anche per te?

La maggiore libertà creativa stava soprattutto nel fatto che non si tratta di storie in serie, e sì, anche per me e per le due storie che ho scritto per la collana, è stata una buona opportunità.


Hai cavalcato anche i territori del western a fumetti, essendo stato uno dei disegnatori della prima storica serie di Ken Parker e avendo realizzato graficamente un Texone. Nell'albo de Le Storie, intitolato Cuore di lupo, hai scritto e disegnato un western contemporaneo nel mondo degli attuali nativi americani. Credi ancora in questo classico genere dell'Avventura?

Chi ha la mia età non può avere il Western nel cuore: ho amato e amo molto il genere e i suoi maestri, John Ford in testa, ci credo senz'altro, è un’epopea straordinaria, tornerà di moda quando torneranno ad occuparsene grandi autori.


Con la pubblicazione in Francia una trentina di anni fa di Nico Macchia, cavaliere medioevale protagonista di avventure noir ambientate nelle Fiandre di metà 400, ti affacciasti in un mercato e in un ambiente culturale in cui il fumetto ha un peso molto diverso da quello che ha nel nostro paese. Come vivesti quell'esperienza?

La tradizione editoriale francese è stata per anni un obiettivo da perseguire per chi avesse ambizioni d’autore, il fumetto sembrava godere di maggior prestigio e apprezzamento culturali. E forse per un certo periodo lo è stato. Oggi direi che ci sono altre opportunità che non siano il mercato francese per chi voglia proporsi e tutto sommato, anche sotto il profilo della qualità, quel mercato è stato forse un pochino mitizzato.

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