martedì 20 giugno 2017

Intervista a Luca Enoch

La manifestazione Palmanova – The Game Fortress si sta avvicinando e Luca Enoch sarà uno dei suoi protagonisti. Lo incontriamo in un periodo molto intenso per la sua carriera di fumettista, considerato che due sue creature, Dragonero e Lilith, stanno vivendo dei traguardi importanti.


Dragonero, la serie fantasy pubblicata dalla Sergio Bonelli Editore, ha vinto l'ambito Premio Micheluzzi al Comicon di Napoli come migliore serie realistica. Successo di pubblico e di critica stanno premiando i tuoi sforzi, quello del coautore Stefano Vietti e di tutti gli altri disegnatori dello staff. Come hai accolto questa notizia e quali sono le ragioni del grande favore che Dragonero ha riscosso presso così tanti lettori?

Il Premio Micheluzzi è stata una grande soddisfazione personale, anche perché è il secondo anno di fila, avendolo vinto per Lilith la scorsa edizione, sempre come miglior serie dal tratto realistico. Quello che riusciamo a capire, Vietti ed io, dai nostri contatti con i lettori, è che particolarmente apprezzato in Dragonero è la costruzione del mondo in cui i personaggi si muovono. La morfologia, l’organizzazione politica, l’aspetto religioso, la natura della magia e il suo utilizzo così come la fauna e la flora, oltre alla storia antica ed epica, sono recepiti come un unicum organico e coerente, inteso non tanto come un valore aggiunto ma come una vera e propria impalcatura su cui costruire le vicende dei nostri protagonisti.

Le novità legate a Dragonero non mancano: forse le più importanti riguardano il futuro lancio delle due serie correlate, una “young” ed una “adult”. Come e perché nascono queste due iniziative editoriali?

Questo aspetto si collega a quanto detto sopra. Essendo il mondo di Dragonero così vasto e coerente, per noi autori è stato del tutto naturale allargare il racconto ad altre età e con altri toni narrativi. Nasce quindi lo “young” con i protagonisti adolescenti, in nuovo formato e a colori, che uscirà in edicola a partire dalla prossima Lucca Comics, dove verrà ufficialmente presentato.  Sempre a Lucca presenteremo Banda Senzanima, uno spinoff di DN con uno Ian appena sedicenne, scappato di casa in piena ribellione adolescenziale, per unirsi a una spietata compagnia mercenaria dove rimarrà per i successivi due anni. Un fantasy più duro di quello della serie regolare, anche questo a colori come lo Young e con una squadra di disegnatori dal tratto particolare, come Mario Alberti, Alfio Buscaglia, Manolo Morrone e Alessandro Vitti. Ancora in fase di lavorazione sono le Cronache, una collana dove andremo a scavare nelle leggende e negli avvenimenti del lontano passato dell’Erondàr, il grande continente dove sono ambientate le vicende della serie regolare.


Con il diciottesimo albo, si è appena conclusa Lilith, la miniserie a periodicità semestrale edita anch'essa dalla Sergio Bonelli Editore. Nella finzione della collana, le avventure della viaggiatrice nel tempo hanno alterato il corso della Storia, per come la conosciamo. Quanto ti sei divertito a concepire le ucronie e come le hai scelte?

Ci sono due desideri narrativi diversi che mi hanno spinto a scegliere determinati scenari per le mie distopie. Il primo è la “libidine” di ambientare le storia in situazioni e ambienti appassionanti da disegnare e raccontare, come la civiltà mexica al suo apogeo prima della distruzione da parte degli spagnoli, l’epopea dei pirati caraibici, la colonizzazione della Groenlandia e di Vinland da parte dei normanni e via così. L’altro impulso narrativo è quello di raccontare come eventi  catastrofici quali la vittoria dell’Asse nella seconda guerra mondiale, equiparati alla fine della civiltà in molte ucronie, possano cambiare il corso degli eventi storici in maniera meno drammatica di quello che si pensa. L’Iraq e l’Afghanistan della distopia in cui la Germania ha vinto la Grande Guerra è sono molto simili a quelli attuali: aree strategiche che vengono occupate da forze militari occidentali uguali agli eserciti che vi combattono oggi e con modalità di sfruttamento identiche a quelle delle cronache odierne. Per contro, l’esito di una singola battaglia sconosciuta ai più, come quella di Sekigahara in Giappone, nel 1600, potrebbe avere enormi ripercussioni su scala mondiale, con la colonizzazione dell’ovest nordamericano da parte della potenza  nipponica.


Scrivere soggetto e sceneggiatura e disegnare tutti gli albi di Lilith è stato molto impegnativo. Hai dovuto rappresentare in ogni avventura scenari, costumi e ambientazioni completamente diverse, calando Lilith e lo Scuro in contesti storici sempre ben approfonditi. Insomma, un lavoraccio di documentazione, creatività e disegno. A posteriori come giudichi questa piccola grande impresa?

Appassionante, come ho detto prima, ma sfiancante. Infatti, dopo diciotto anni di produzione a venticinque tavole al mese, senza soluzione di continuità, nemmeno nei mesi estivi, non me la sento di imbarcarmi in un altro progetto decennale simile. Inoltre, negli ultimi anni si è aggiunta la scrittura della sceneggiatura per Dragonero, lo Young e BSA ma le ore della giornata sono rimaste ventiquattro.


Da Sprayliz a Gea fino a Lilith, hai toccato sempre temi molto importanti in modo realistico: l'amore fra adolescenti, la omosessualità, la disabilità, il razzismo, l'insensatezza della guerra solo per citarne alcuni. Pur nell'etichetta fine a sé stessa di fumetto popolare, le tue opere sono la dimostrazione di come un linguaggio, il cui valore artistico non è riconosciuto nel nostro paese, sia in realtà capace di divertire con intelligenza. Cose ne pensi?

Il fumetto non è narrazione di serie B, è un linguaggio. Un linguaggio narrativo esattamente come quello cinematografico, quello della prosa, della fotografia e della poesia. E, in quanto linguaggio narrativo, può affrontare qualsiasi argomento con qualsiasi tono. Sono passati ormai decenni dallo sdoganamento del fumetto da parte di intellettuali come Oreste del Buono, Elio Vittorini e Umberto Eco ma la percezione di massa del fumetto è ancora legata a stereotipi frusti e logori.


I quattro volumi fantasy di Morgana, disegnati da Mario Alberti, e il giallo storico Rangaku, disegnato da Maurizio di Vincenzo, ti hanno portato in qualità di sceneggiatore a conoscere il mercato fumettistico francese. Cosa hai tratto da quest'esperienza?

Riallacciandomi a quanto detto sopra, l'esperienza nel mercato transalpino mi ha fatto conoscere un mondo in cui l’atteggiamento nei confronti del fumetto è radicalmente diverso da quello che conoscevo in Italia. Un festival del fumetto  in Francia è vissuto come un evento culturale. Ricordo che alla stazione di Montparnasse, a Parigi, dove partivano i treni per Angouleme, il grande atrio era drappeggiato di enormi manifesti che pubblicizzavano l’evento, con i nomi degli sponsor in bella vista, tra cui importanti istituti di credito. Era la prima volta che vedevo il fumetto tenuto in tale considerazione.

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